Non conosco questo sig. Mauro Ammirati, ma l'articolo che ho trovato in rete che sembrerebbe scritto da lui mi trova completamente d'accordo, quindi lo riporto come testimonianza della situazione economica italiana e di quale dovrebbe essere la SOLUZIONE per la salvezza della nostra martoriata nonchè stupenda nazione.
Purtroppo non ho trovato l'originale per cui mi manca il grafico a cui fa riferimento, ma mi sembra decisamente chiaro anche senza.

 

Secondo una buona parte dei media, anzi la maggior parte (come al solito), i mercati sono inquieti perché non hanno ancora capito se il governo italiano intenda o no rispettare il vincolo deficit/Pil al 3%.
Non è chiaro se prevarrà la linea, rassicurante, del ministro Tria o quella, "populista", di Salvini e Di Maio.
Vediamo se stavolta riusciamo a scuotere qualche capra, proviamo con i grafici, con i numeri, i dati storici, oggettivi, incontrovertibili, inconfutabili. Ne allego uno che mostra l'andamento del rapporto deficit/Pil, in Italia ed abbraccia un quarantennio.
Osservatelo bene e chiedetevi: a che diavolo servirà mai questa legge del deficit che non deve superare il 3% del Pil? Nella seconda metà degli anni '80, l'indice in questione era intorno al 14% (quasi 5 volte il 3%).

Ricordate che andavate a prendere il cappuccino al bar con la carriola? C'era l'iperinflazione? La lira era <<carta straccia>>?
Avete mai saputo, in quegli anni, che si correva il rischio che non venissero pagati gli stipendi ai dipendenti della Pubblica amministrazione? O che non c'erano soldi a sufficienza per rifornire di mezzi i Carabinieri, la Polizia di Stato, la Guardia forestale...? Che non c'erano soldi per costruire o ricostruire un ponte o una strada?
No, non potete ricordarlo, non è mai avvenuto, perché all'Italia le lire italiane non sono mai mancate.
Infatti, fino a qualche anno fa, non avevate mai sentito parlare dello spread.
<<L'Italietta>> brutta, sporca, cattiva, provinciale, così poco nordeuropea, così vergognosamente latina e mediterranea, dei mercati se ne sbatteva.

Mai nessun governo italiano sarebbe rimasto a corto di soldi, perché i titoli di Stato che non venivano acquistati dai mercati, finivano nel portafoglio della Banca d'Italia e lì potevano restare fino al terzo millennio.
Mai la Banca d'Italia, in quanto prestatore d'ultima istanza, avrebbe potuto pretendere dallo Stato italiano, di cui era un'agenzia, che le pagasse il debito, magari minacciando la Repubblica di mandarla in bancarotta.
Avevamo, così, il deficit al 14% del Pil e l'economia che andava a tavoletta, stavamo vivendo il secondo boom economico della nostra storia.

Quando Obama vince, per la prima volta, le elezioni presidenziali, trova un Paese nella recessione e cosa fa? Porta il deficit quasi al 10% e l'economia americana riparte.
A cosa serve il rapporto deficit/Pil? Cosa sta a significare? Niente. Assolutamente niente. Così come il parametro debito/Pil al 60%. Perché dovrebbe essere al 60%? Non c'è una ragione, è una sciocchezza che si sono inventati un giorno gli economisti.
Sarebbe ora che qualcuno, sui canali televisivi nazionali e sui principali quotidiani, spiegasse una questione molto semplice: uno Stato che abbia una sua valuta non può restare senza soldi.

Se è governato da una banda di folli che contrae debiti in moneta straniera, può correre il rischio che la sua moneta si svaluti.
Ieri, il Presidente argentino Macrì, per spiegare il deprezzamento del peso, diceva:
<<Il nostro problema è che siamo finanziariamente troppo dipendenti dall'estero.>>.
Ma l'Italia di trenta o quarant'anni fa era indebitata in lire. Capite? Lire italiane. Non dipendeva finanziariamente dall'estero.
Né troppo né poco. Non dipendeva affatto dall'estero per avere denaro.

Questo problema, invece, l'abbiamo oggi. Perché abbiamo una moltitudine numerosa di capre che si preoccupano del razzismo, del fascismo, dell'evasione fiscale, della corruzione...
Vanno ad acquistare testi didattici usati per i loro figli, fanno quattro ore di fila al pronto soccorso, non sanno se avranno ancora un lavoro la settimana prossima, ma non c'è verso di farli ragionare.

 

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